Pacifico - Costa Ovest di Panama 2
07:45.14N 81:34.65W Domenica 24 marzo, alle 9.50, salpiamo diretti all’isola Cebaco a 23 M: trasferimento a motore, in assenza di vento; alle 14.10 ancoriamo nell’ansa SW dell’isola, chiamata anche Caleta Cayman (7°29.58’N 81°13.39’W). L’estrema parte NE della baia offre un certo riparo dall’onda prevalente proveniente da sud, e proprio qui vediamo che è allestito un campo boe. Non appena ormeggiamo ad una di queste boe, arriva con una barca a motore il “gestore”, che ci chiede prima una tariffa di 2$/piede (per noi 100 $), poi ci “concede” uno sconto del 50%, infine ci domanda “solo” 30 $: noi rifiutiamo le gentili offerte e ancoriamo all’esterno del semi deserto campo boe.
A terra una piccola costruzione, dove a detta del gestore ci sono servizi, docce e bagni; peccato che per l’atterraggio con il tender, con l’onda che si alza sulla spiaggia, si rischia come minimo un bagno fino alla cintura se non di peggio! Il giorno seguente aggiriamo l’isola da SW e facciamo una sosta pomeridiana sul lato nord dell’isola, in prossimità del villaggio El Lobo (7°31.66’N 81°11.96’W). Il “villaggio”, in realtà, e’ fatto da 4 (di numero) case, c’e’ una scuola, al momento inattiva, ma forse si tratta di un campo estivo; l’ancoraggio e’ molto profondo, si getta l’ancora su 15 mt, che risalgono bruscamente vicino alla riva. Dovendo dare molto calumo non si ha la tranquillita’ a 360° e quindi escludo questo ancoraggio per passarvi la notte; ma per una sosta, essendo riparato dall’onda, va piu’ che bene e cosi’ approfitto e faccio un’immersione con le bombole per dare una ripulita alla carena con il raschietto e sostituire lo zinco dell’elica. Dopo pranzo ci spostiamo all’isola adiacente, Isla Gobernadora. Scapoliamo ampiamente i bassi fondali della punta est ed ancoriamo a Porto Viejo (7°34.00’N 81°11.47’W). Di porto ha solo il nome, ma l’ancoraggio, su un fondale di 8 mt. è veramente tranquillo, protetto dall’onda dominante da sud, ma anche sufficientemente areato. Siamo scesi a terra con il tender, diretti al centro abitato che occupa la punta est dell’isola: la costa in quel punto è disseminata di scogli, ed anche con il tender bisogna tenere gli occhi aperti. In prossimita’ del paese, un giovanotto da terra richiama la nostra attenzione e ci fa segno di atterrare in un certo punto, addirittura scende in acqua con i jeans e ci viene a tirare la prua a secco; estremamente gentile e socievole, si presenta come un rappresentante dell’organizzazione turistica dell’isola, ci spiega le cose principali della comunità (in particolare ci tiene a farci sapere che sul posto c’è anche una stazione di polizia, perché il turista deve essere protetto), ed infine ci accompagna al bar. Nel locale, immerso nella penombra, c’e’ uno stereo che diffonde musica a tutto volume; al nostro arrivo un paio di avventori, formando un’orchestrina improvvisata, cominciano a suonare percussioni, seguendo la musica dello stereo: e’ il loro benvenuto!
Il bar, sul retro, ha anche uno spaccio di prodotti alimentari base non deperibili. La notte e’ rischiarata da lampi e tuoni non molto lontani, che per fortuna non arrivano a noi … al mattino, il cielo e’ di nuovo sereno. Martedì 26 marzo salpiamo alle 9.15 di diretti a Bahia Honda a 28 M, purtroppo sempre a motore, il vento apparente non arriva a 10 kn; alle 12.20 facciamo una sosta ristoratrice ad Ensenada Cativon (7°41.44’N 81°26.07’W), anche questo e’ un buon ancoraggio su 8 mt di fondale sabbia-fango, a terra si notano qualche piccola costruzione tra le palme e piante ad alto fusto (forse mango?). Il portolano ci dice che queste zone sono abitate da contadini che coltivano alcuni prodotti per se’, e li vendono a chi, di passaggio, ne fa richiesta; non ci sono strade che congiungono questo tratto di costa alla rete stradale panamense, cosi’ e la gente si sposta a cavallo o con piccole barche. Alle 16.25 arriviamo a Bahia Honda, ancoriamo nella estremità nord, a NW dell’Islote La Mona, fondale sui 9 mt con ottima tenuta (7°45.84’N 81°31.69’W). Ecco la foto dal nostro ancoraggio:
Sulla spiaggia si affaccia una lussuosa costruzione, c’è anche un pontile galleggiante provvisto di passerella basculante per l’escursione di marea (oggi di circa 3 mt.); scendiamo a terra e ci viene incontro Charles, un irlandese che fa da gestore della tenuta, ci spiega che tutta la baia è di proprietà di un americano, compresa l’isola Bahia Honda che sta nel mezzo, circa 60.000 ettari; ci fa da guida all’esterno delle costruzioni realizzate con grande cura una dozzina di anni fa: il living-room sulla spiaggia (nella foto qui sotto), le bed-rooms piu’ in alto sulla collina.
Charles parla volentieri in spagnolo, ma tutto è facilmente comprensibile, ci spiega inoltre che la baia è meta di un turismo specializzato degli amanti naturalisti, in quanto il microclima e l’acqua ricca di plancton richiama balene e tonni per la riproduzione; il mare è molto pescoso ed in alcuni periodi dell’anno vengono organizzate battute di pesca, la cui partecipazione costa 1500 $ al giorno, con una limitazione procapite sulla quantità pescabile. Alla sera un contadino che lavora presso la villa ci viene a proporre i suoi prodotti: limoni, avocado ed un ananas locale, gli offriamo 5 $ e veniamo a sapere che la sua paga giornaliera, per il lavoro alla villa, è di 12 $! Kennedy (questo il nome del giovane contadino) ci racconta che molti sono i privati proprietari di grandi appezzamenti e di isole, come un ricco italiano proprietario della vicina isola Medidor e ci indica la sommità di un monte che spunta oltre la baia dove c’è la casa di questo italiano; dopo queste quattro chiacchiere sull’ambiente e sulla sua famiglia, Kennedy si congeda chiedendoci delle pile: ne ha bisogno per dare la caccia, di notte, a qualche animale che gli mangia le galline. La sera, dopo una gustosa cena con spezzatino e riso, si consuma una vera tragedia: l’incauta Lilli lega malamente fuori bordo la pentola a pressione, per sciacquarla nell’acqua di mare e … dopo 10 minuti la pentola non c’e’ piu’. Un nodo di bitta con un piccolo cordino non fa tenuta, ora lo sa anche Lilli! Non so se i classici tre giri di chiglia sarebbero sufficienti a punire un danno cosi’ grave… L’indomani salpiamo alle 9.15 diretti all’isola Medidor, chiamata anche Isla Canal de Tierra, ancora più incuriositi dai racconti di Kennedy sul il proprietario italiano… proviamo prima l’ancoraggio a nord, segnalato anche sul portolano, nello stretto canale che separa l’isola dalla terraferma, ma le profondita’ sono superiori a 12 mt con la bassa marea, lo spazio e’ limitato, ed anche la tenuta dell’ancora sul fondo lascia molto a desiderare. Ci spostiamo quindi nella parte ovest dell’isola, dove c’è una profonda insenatura. Ancoriamo a circa 150 mt dalla spiaggia, quando e’ iniziata da circa un’ora la crescita di marea; l’ancora agguanta perfettamente sul fondo sabbioso di circa 10 mt e 70 mt di catena ci danno la massima tranquillita’.
All’ingresso della baia e’ ancorata, con le cime a terra, una grossa barca a motore, tipo peschereccio d’altura trasformato in Yacht, a terra una costruzione lussuosa tra le palme ed alcuni lavoratori impegnati a sistemare la spiaggia e i sentieri che vediamo percorsi da piccole macchine elettriche. Scendiamo con il tender e andiamo, superando i cartelli di divieto e proprietà privata, davanti alla costruzione: ci accoglie una signora di mezza età, che si presenta come ospite della villa. Estremamente gentile, chiama il gestore della proprieta’: il giovanotto, a sua volta molto gentile, ci conferma che l’isola appartiene da circa 40 anni ad un italiano, che l’ha ribattezzata Isla Simca, dalla vecchia marca di automobili di cui il genitore era proprietario! La villa e’ inserita in circuito turistico di lusso e viene affittata (www.abercrombiekent.com/). Su nostra richiesta, il gestore ci concede la password per la connessione wi-fi (e’ grazie a lui che possiamo inviare questo diario con foto!); ci autorizza a sostare nella baia ma ci raccomanda di non scendere a terra, in quanto l’indomani sara’ presente il proprietario con molti ospiti !!! Alessandro
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