Orazioni
Viaggiando verso Ovest
Giuseppe Tuttobene
Sun 10 Oct 2010 06:04
20:26.77 S 164:06.90W
Forse irritato per lo sconveniente
comportamento dell'equipaggio di Chloe di dormicchiare durante i turni di
guardia, qualcuno ha fatto le proprie orazioni e il pilota automatico di bordo
si è rotto costringendo così gli sciagurati a lavorare come è giusto che
sia.
In che modo l'orazione del simpatico
sconosciuto abbia condotto al tragico evento è presto detto.
Ore 23 del primo giorno di navigazione per Niue, io
riposavo, in cuccetta quando sono stato svegliato da una brusca e
eccessiva rollata della barca seguita da un fragoroso scroscio di acqua che
irrompeva sulla coperta. Mi alzo per andare a vedere fuori e passando dalla
zona carteggio la vedo completamente inondata, il frangente era penetrato
all'interno, superando lo spray hood e bagnando carte nautiche e computer
che stavano sul tavolo.
"Sei ancora lì o sei stato scaraventato a
mare?" grido scherzosamente a Cesare. Non ottengo la risposta aspettata, invece
la notizia che il timone automatico aveva, per oscuri motivi, mollato senza
peraltro dare segni di voler ricominciare a funzionare.
Per i non addetti ai lavori tengo a sottolineare la
gravità della punizione inflittaci dal simpatico sconosciuto: il pilota
automatico è un membro dell'equipaggio che lavora instancabilmente e la sua
improvvisa perdita comporta un pesante aggravio di lavoro per i
superstiti. Essendo in due avevamo previsto dei turni di quattro ore ciascuno,
ma senza pilota era impensabile, quindi decidiamo per le due ore.
Notte infernale! Comincio col precisare che le
condizioni di navigazione, per dirla all'inglese, erano "wet"; a peggiorare la
situazione il buio pesto su cui spiccavano le bianche creste frangenti, non
ho ben capito illuminate come, dato che non c'era luna e il cielo era totalmente
coperto. Poi il mal di testa. L'apporto energetico, posto che nessuno dei
due aveva avuto la forza di preparare qualcosa da mangiare, nel mio caso era
costituito da un pezzo di pane congelato che avevo messo nella tasca della
cerata in cui la pioggia non mancava di infiltrarsi.
Non si vedeva l'ora che l'interminabile turno
finisse per poter andare in cuccetta per un riposo che invece finiva troppo
presto.
Ed eravamo solo alla prima delle tre notti che ci
aspettavano. Deprimente.
Poi la riscossa: dalle nove di stamattina alle
quattro del pomeriggio, infilati alternatimente nel gavone di poppa mentre
l'altro stava alla ruota, abbiamo finalmente avuto ragione
dell'avaria.
Non mi chiedete quale è stato il nostro intervento
perché dovrei scendere per spiegarlo in noiosi particolari tecnici. La
soddisfazione però è stata grande, se non altro per rubacchiare un po' di sonno
al lavoro.
Giuseppe
P.S. Il computer, che era quello detto "di
Giovanni", è morto. Ma non vi sembra eccessivo?
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