Passi del diario di Cesare

Viaggiando verso Ovest
Giuseppe Tuttobene
Sat 30 Jan 2010 18:15

Giorni 27/28/29/30 in navigazione.

Una navigazione di 800miglia in 2, su una barca di 18 metri ca,  può essere qualcosa di estremamente rilassante come una passeggiata, oppure qualcosa di  molto impegnativo e abbastanza stancante, com’è accaduto a noi durante questa attraversata del mar dei caraibi. Le condizioni dei bollettini lo prevedevano giustamente, ma non con l’intensità con cui poi si è manifestata la “near gale” (quasi burrasca)  tendente a “gale” (burrasca). I turni di riposo di 3 ore che avevamo calcolato, si sono trasformati in brevi periodi di dormiveglia; con le onde che ti sbattono tra telo antirollio e paratia, come un uovo allo zabaione ed il fischio del vento tra le sartie, gli scricchiolii e gli stridii delle cime sui winch  e le parti metalliche, sollecitate dai carichi elevati, oltre che il rumore degli oggetti che sbattono negli stipetti, non ti fanno chiudere occhio se non per brevi periodi. Inutile negare che la cosa è abbastanza inquietante, anche se dopo un po’ ci fai l’abitudine e cerchi di chiudere gli occhi e riposarti, sapendo cosa ti aspettano le 3 ore successive…Ti alzi, ti vesti con cerata, giubbotto autogonfiabile, cappellino di lana, radio VHF, leash per la life line, ti presenti alla scaletta che ti porta in coperta, metti la testa fuori dal tambucio e la prima cosa che vedi sono un timone e un uomo (Giuseppe) saldamente affrancato ad esso; poi alzi lo sguardo di 40° e vedi una montagna d’acqua, pronta a frangere ed inondare il pozzetto, con il fragore di un boato…e sai che per le prossime 3 ore, questo è ciò che ti aspetta, quello che non sai è che sarà così anche per i prossimi 3gg. La maggior parte del tempo si passa col timone in mano, poiché il pilota automatico, va in errore spesso, non riesce a tenere la rotta, a causa della forza delle onde e del mare e appena molla la barca parte in straorza, coricandosi sul lato. 3 ore con le mani incollate al timone, ascoltando il rumore dei frangenti, cercando di indovinarne, di ognuno, direzione e dimensione ed in caso di frangente laterale, preparandoti a correggere col timone, il quarto di giro di bussola che imprime solitamente alla prua della barca. E poi ancora le impressionanti cavalcate, quando la barca, di 30 tonnellate, parte in surfata sulla cresta dell’onda, giù in picchiata verso la gola, arrivando a toccare i 15nodi di velocità, tanto ho letto buttando l’occhio al SOG del GPS.

Bei ricordi le collinose e rassicuranti onde oceaniche, fin prima incontrate, che ci cullavano sul loro dorso, come un padre, dolcemente, coccola e porta a spasso il proprio bimbo, queste onde si sono ora trasformate in montagne russe, con la differenza che non hai pagato il biglietto ed il giostraio Nettuno, arrabbiato, decide quando finire la corsa. Pensare che prima che iniziasse a farsi sentire sul serio, quasi lo schernivamo, mettendo i carmina burana, cavalcando i 30 nodi e le sue onde; mai avremmo pensato che il vento sarebbe salito da li a poco da 30 a 35 a 40nodi e passa.

Non avevo mai provato una cosa simile in vita mia, le sensazioni che ho vissuto, sono le più varie; sicuramete la paura è una di queste, ed è lei che mi ha tenuto sveglio e allerto per quasi 2 giorni, tanto è durata la burrasca. Ma un’altra grande sensazione, penso comune a tutta la gente di mare, e non facile da spiegare, è di appartenenza ad esso, goderne ogni singolo respiro, sentirsi parte della sua immensità e della sua maestosità in ogni suo modo di manifestarla, nei momenti di calma piatta, come nel bel mezzo di una burrasca.

Cesare