Traversate

Viaggiando verso Ovest
Giuseppe Tuttobene
Wed 14 Apr 2010 21:18

3:45.67S 104:56.08W

 

Quando tanto tempo fa, avevo pensato  a una mia possibile traversata atlantica non la immaginavo certo com'è stata. Influenzato dalle letture classiche di tanti e tanti navigatori del passato, Moitessier, Dumas, Chichister, Slocum, vedevo la mia non certo in solitario, ma con una certa ricerca di libertà, solitudine, avventura che l’oceano avrebbe potuto darmi. Con il passare degli anni invece ho cominciato a vedere il passaggio dell’atlantico solo come un necessario tratto da superare per portarsi oltre. Ed è per questo che due anni fa, nel novembre del 2008, ho attraversato l'oceano atllantico partecipando all'ARC inserendo così nella navigazione un interesse agonistico.

Siamo partiti da Gran Canaria in oltre duecento barche, già dopo la prima notte di navigazione non si vedeva più nessuno, ognuno procedeva con la propria velocità seguendo la rotta prescelta. In tutta la traversata abbiamo visto solo tre barche a vela e nessuna nave.

Eppure erano lì intorno da qualche parte; ricevevo giornalmente la posizione della flotta che l'organizzazione mi inviava via email e la riportavo sulla carta digitale che visualizzavo al computer con il programma di navigazione Max Sea. Sulla stessa carta erano visualizzate le freccette che indicavano la direzione e l'intensità del vento e le boe che disegnavo per tracciare la rotta che ritenevo più conveniente rispetto alle previsioni meteo che avevamo.

Quindi ho visto quel grande oceano come frazionato in tante aree di bonaccia o di venti favorevoli, punteggiato da boe virtuali e popolato da invisibili avversari. Non sono mai stato colpito dalla sua immensità nè ho percepito la sensazione di solitudine che mi aspettavo di trovare.

Qui è diverso. Siamo partiti giorno 7 aprile, una settimana fa, dall'isola di Santa Cruz e abbiamo incrociato solo una nave quando eravamo ancora a cinquanta miglia dall'arcipelago. Poi null'altro che mare. Onde, ora azzurre, ora punteggiate di bianche schiume, ora lunghissime e possenti, ora più corte e insignificanti. Stelle, tantissime in queste notti senza luna.

La percezione dell'isolamento e della enormità dello spazio omogeneo che stiamo attraversando è fortissima. E' una sensazione nel contempo stupenda e inquietante.

Ieri abbiamo provato, così per gioco, a fare una chiamata generale sul canale 16: nessuna risposta.

Imprigionato in questa vastità senza poter far altro che andare avanti, qualcuno potrebbe anche essere colto da crisi di panico.

Ma per fortuna non è quello che ci capita. Da qualche giorno la vita di bordo è scandita con tempi e modi che si ripetono. Forte dell'esperienza atlantica, anche in questo caso ho voluto organizzare i turni di guardia in modo tale che ad ognuno capitasse sempre lo stesso orario; in questo modo è più facile crearsi dei propri ritmi. Io per esempio mi sono scelto un turno di guardia che avrebbe potuto a prima vista apparire pesante, quello dalle 4 alle 6 di mattina. Ma con il passare dei giorni ti adatti e non ti pesa per nulla alzarti in piena notte, anzi sei contento dell'appuntamento con le stelle che si trovano di nuovo nella stessa posizione della notte precedente. Sto imparando, con l'aiuto di un bellisssimo programma che si chiama "Stellarium", a riconoscerne di nuove. Oltre alla croce del sud, che ovviamente è la prima costellazione che cerchi a queste latitudini, ho individuato altre stelle e costellazioni per me finora nuove: le luminose Rigil Kent e Hadar che costituiscono il ginocchio del Centauro, il Compasso, il Triangolo Australe.

La lettura è un altra importante occupazione. Ognuno di noi si sceglie il proprio angolino che poi diventa quello usuale. Ieri mi sono trovato una cuccia stupenda: sdraiato sul sacco dello spinnaker a pruavia dell'albero e alla fresca ombra del genoa sei totalmente immerso nel viaggio, con il tuo libro in mano, l'orecchio che distratto percepisce l'andare della barca e l'occhio che ogni tanto vaga tra le onde e le vele che rotonde spingono.

Giuseppe