Incontro speciale

Viaggiando verso Ovest
Giuseppe Tuttobene
Fri 29 Oct 2010 21:03

Ci sono incontri, eventi, emozioni, che capitano nell’arco di una vita, difficili a raccontarsi per un vero scrittore, figuriamoci per me, che nei temi ho sempre rasentato il sei. Parole e frasi non possono racchiudere le intensità delle emozioni provate, ma solamente renderne forse una vaga idea, e questo è ciò che proverò a fare, cercando di raccontare un incontro davvero speciale.

Giorno 14 Ottobre ore 07.20 di mattina, la sveglia suona. Caffè doppio con qualche biscotto, preparo la macchina fotografica pulendone bene l’ottica ed il vetrino del case subacqueo, mi infilo i calzoni della muta e Mrs Kate è già sotto Chloe che mi aspetta per le immersioni prenotate il giorno precedente. Una volta salito sul gommone, mi chiede, in un perfetto inglese, se non mi spiace fare un po’ di avvistamento balene, per il gruppo successivo di whale watching; la mia risposta, ovviamente in un altrettanto imperfetto inglese maccheronico, non si fa attendere: “of course” (di corsa). Kate da gas al fuoribordo del gommone. Costeggiamo verso Nord il lato Ovest di Niue, a circa mezzo miglio dalla costa. L’oceano è più calmo del solito, le onde appena si notano, il sole è ormai sorto da un paio d’ore e la visibilità è ottima. Ci guardiamo intorno per cercare di scorgere qualcosa sulla superficie dell’acqua. Passano una decina di minuti, quando, ad un centinaio di metri davanti a noi vediamo il primo sbuffo, e poi subito dopo un altro, una nuvola bianca che contrasta sull’orizzonte sia con il blu del mare che sull’ azzurro del cielo. Sono 2 balene adulte, salite in superficie per respirare. Le vediamo nuotare verso di noi, rallentiamo immediatamente e spegniamo motore. Indossiamo le pinne e la maschera, ormai sono a pochi metri. Ci immergiamo facendo il meno rumore possibile; e qui c’è il primo vero colpo al cuore. Il tempo di orientarti, guardi in basso, in profondità, ti giri per 360°, ma niente, non vedi nulla, la maschera limita di molto la naturale visione semiperiferica dei nostri occhi; poi alzi lo sguardo a pelo d’acqua e la vedi, lì, davanti a te, puoi dare due pinnate allungare una mano e toccarla da quanto è vicina. È immensa da far paura, eppure la paura è l’emozione che meno perdura, forse solo data da qualche vecchia lettura di Melville o Verne. La sua calma subito ti rassicura. I suoi grandi occhi inizialmente sembrano osservarti, scrutarti, sa bene che con un colpo della sua pinna caudale può farti molto male; una volta però capito che non sei un potenziale pericoloso predatore, ma semplicemente un altro umano rompiscatole, ti guarda quasi con “empatia mammifera”. Le sue pinne dorsali si muovono lentamente e sembrano quasi un invito a seguirla.

Cerco la macchina fotografica che porto a tracolla, abbasso per un attimo lo sguardo e…secondo colpo al cuore, non rischierò un infarto? La seconda megattera è proprio sotto di noi e sta risalendo, mostrando il suo dorso bianco. Tolgo il flash per non disturbarla e inizio a scattare. Bastano pochi colpi di pinna ed è in superficie, fa uno sbuffo e si unisce all’altra megattera. I due musi sono vicinissimi, sembrano quasi cercarsi, baciarsi o forse semplicemente parlarsi. Subito dopo vedo la loro schiena inarcarsi fuori dall’acqua con una perfetta sincronia, quasi stessero danzando o esibendosi in un esercizio di nuoto sincronizzato, con la stessa eleganza e leggerezza di ballerini o nuotatrici, ma dal peso di qualche tonnellata in più.

Si immergono. I miei occhi le seguono rapiti dall’emozione, fino a perderle nel blu degli abissi. Una voce mi chiama fuori dall’acqua, è Kate che mi invita a risalire a bordo, ci attendono due immersioni in caverna...bellissime! ma questa è un’altra storia.

Cesare