Passi del diario di Cesare

Giorni
27/28/29/30 in navigazione. Una
navigazione di 800miglia in 2, su una barca di 18 metri ca, può essere qualcosa di estremamente
rilassante come una passeggiata, oppure qualcosa di molto impegnativo e abbastanza
stancante, com’è accaduto a noi durante questa attraversata del mar dei caraibi.
Le condizioni dei bollettini lo prevedevano giustamente, ma non con l’intensità
con cui poi si è manifestata la “near gale” (quasi burrasca) tendente a “gale” (burrasca). I turni di
riposo di 3 ore che avevamo calcolato, si sono trasformati in brevi periodi di
dormiveglia; con le onde che ti sbattono tra telo antirollio e paratia, come un
uovo allo zabaione ed il fischio del vento tra le sartie, gli scricchiolii e gli
stridii delle cime sui winch e le
parti metalliche, sollecitate dai carichi elevati, oltre che il rumore degli
oggetti che sbattono negli stipetti, non ti fanno chiudere occhio se non per
brevi periodi. Inutile negare che la cosa è abbastanza inquietante, anche se
dopo un po’ ci fai l’abitudine e cerchi di chiudere gli occhi e riposarti,
sapendo cosa ti aspettano le 3 ore successive…Ti alzi, ti vesti con cerata,
giubbotto autogonfiabile, cappellino di lana, radio VHF, leash per la life line,
ti presenti alla scaletta che ti porta in coperta, metti la testa fuori dal
tambucio e la prima cosa che vedi sono un timone e un uomo (Giuseppe) saldamente
affrancato ad esso; poi alzi lo sguardo di 40° e vedi una montagna d’acqua,
pronta a frangere ed inondare il pozzetto, con il fragore di un boato…e sai che
per le prossime 3 ore, questo è ciò che ti aspetta, quello che non sai è che
sarà così anche per i prossimi 3gg. La maggior parte del tempo si passa col
timone in mano, poiché il pilota automatico, va in errore spesso, non riesce a
tenere la rotta, a causa della forza delle onde e del mare e appena molla la
barca parte in straorza, coricandosi sul lato. 3 ore con le mani incollate al
timone, ascoltando il rumore dei frangenti, cercando di indovinarne, di ognuno,
direzione e dimensione ed in caso di frangente laterale, preparandoti a
correggere col timone, il quarto di giro di bussola che imprime solitamente alla
prua della barca. E poi ancora le impressionanti cavalcate, quando la barca, di
30 tonnellate, parte in surfata sulla cresta dell’onda, giù in picchiata verso
la gola, arrivando a toccare i 15nodi di velocità, tanto ho letto buttando
l’occhio al SOG del GPS. Bei
ricordi le collinose e rassicuranti onde oceaniche, fin prima incontrate, che ci
cullavano sul loro dorso, come un padre, dolcemente, coccola e porta a spasso il
proprio bimbo, queste onde si sono ora trasformate in montagne russe, con la
differenza che non hai pagato il biglietto ed il giostraio Nettuno, arrabbiato,
decide quando finire la corsa. Pensare che prima che iniziasse a farsi sentire
sul serio, quasi lo schernivamo, mettendo i carmina burana, cavalcando i 30 nodi
e le sue onde; mai avremmo pensato che il vento sarebbe salito da li a poco da
30 a 35 a 40nodi e passa. Non
avevo mai provato una cosa simile in vita mia, le sensazioni che ho vissuto,
sono le più varie; sicuramete la paura è una di queste, ed è lei che mi ha
tenuto sveglio e allerto per quasi 2 giorni, tanto è durata la burrasca. Ma
un’altra grande sensazione, penso comune a tutta la gente di mare, e non facile
da spiegare, è di appartenenza ad esso, goderne ogni singolo respiro, sentirsi
parte della sua immensità e della sua maestosità in ogni suo modo di
manifestarla, nei momenti di calma piatta, come nel bel mezzo di una
burrasca. Cesare |