ROWA ISLAND - UREPARAPARA LORUP BAY

Refola
Alessandro Nodari
Wed 15 Jul 2015 22:58
13:32.48S 167:20.47E
Venerdì 10 luglio salpiamo da Sola Bay alle 9.00, dopo una veloce salita a metà albero per smontare il faro di coperta, che si era staccato dalla sua sede ed era penzoloni, trattenuto solo dai fili di alimentazione; a Port Vila, dove le acque sono più ferme, dovrò fissarlo nuovamente.
Appena fuori dalla baia ci dà il benvenuto un bel vento sui 20-25 nodi, prima al traverso poi al gran lasco; anche l'onda, all'inizio sui 1,5-2 metri, si stabilizza sui 2-3 con un periodo molto breve, 3-4 secondi.
Caliamo la traina, e poco dopo sentiamo partire il mulinello: un grosso pesce abbocca, facendo scorrere in pochi secondi un centinaio di metri di filo . purtroppo, quando arrivo a chiudere la frizione, il filo si spezza ed il pesce ancora una volta se ne va, con tutta l'esca.
Prima di pranzo ci fermiamo per una sosta a Rowa Island, un gruppo di isolotti disabitati, contornati da un'ampia barriera corallina, 10 miglia a NE di Vanua Lava; il posto è segnalato sulla guida come un bell'ancoraggio, a patto che il vento sia inferiore a 15 nodi.
Lo scenario è spettacolare, ancoriamo su un fondale sabbioso di 10-12 metri, con qualche ben visibile macchia di corallo (13°38.093'S 167°30.385'E). Ma il vento continua a soffiare a 20-25 nodi, l'onda supera il reef ed arriva alla barca con l'altezza di un metro.
Così restiamo giusto il tempo per un bagno e per mangiare, e riprendiamo la corsa. Alle 15.15 raggiungiamo la nostra destinazione, Lorup Bay sull'isola Ureparapara.
Diamo ancora su un fondale di 17 metri di sabbia e fango, che sale gradualmente fino a 10, davanti al villaggio (13°32.484'S 167°20.473'E).
Ureparapara è l'isola più settentrionale del gruppo delle Banks e come molte delle Vanuatu è di origine vulcanica. Noi siamo, praticamente, all'ancora nel vecchio cratere. L'isola è quasi perfettamente rotonda, salvo un'ampia e profonda insenatura che sul lato NE ne raggiunge il centro. Fuori da Lorup Bay l'onda è notevole, accentuata dal brusco cambio di fondale (da 1000 a 100 metri) circa un miglio al largo, ma fa a tempo a smorzarsi nelle due miglia fino alla parte più interna, il che rende l'ancoraggio più che accettabile dal punto di vista del rollio.
Ritroviamo qui il catamarano a motore "Ieta", incontrato alcuni giorni fa a Gaua. Visto da fuori, Ieta ha quasi l'aspetto di una nave militare; Lilli trova che sia, esteticamente, davvero brutta; anch'io non la trovo troppo attraente, però mi sembra che sia molto "marina" e ne sono incuriosito . e non mi sbagliavo!
Mark ed Agnes, gli armatori, ci invitano a bordo per un drink e, devo dire, restiamo davvero impressionati dalla visita e dai numeri della barca.
Ieta è stata progetta dallo stesso Mark e fatta costruire in Nuova Caledonia: struttura in composito, lunghezza 25 metri, larghezza 9 metri, due motori da 300 CV, 14 pannelli solari che producono 2.8 KW a 24 V, linea di ancoraggio con 110 metri di catena da 13mm ed un'ancora tipo Rocna da 110 kg, serbatoio di gasolio da 7000 litri, che assicura un'autonomia di 3200 miglia.
Oltre all'eleganza ed ampiezza degli spazi interni, tutto è studiato con cura, sovradimensionato nella tenuta e resistenza, ridondante nell'esercizio; la cabina di guida, posizionata sul ponte più alto, potrebbe essere paragonata a quella di una nave.
Mark ha fatto molte esperienze su barche a vela (ha attrezzato uno dei sui dinghy con albero e timone, e si diverte a veleggiare nelle baie); sua moglie invece non ama la vela e così sono arrivati al compromesso del catamarano oceanico a motore.
Entrambi nati in Francia, Mark e Agnes abitano da molti anni in Nuova Caledonia; il loro piano di navigazione prevede il giro del mondo controvento: Polinesia, Isola di Pasqua, Patagonia, Brasile, Caraibi, Atlantico e infine Mediterraneo.
Qui a Lorup Bay sono riprese le visite delle canoe, il chief Nicholson ci invita per il mattino seguente ad una breve cerimonia di benvenuto a casa sua.
Ci presentiamo con dei piccoli regali: un chilo di pasta ed uno di riso, una polo ed un paio di bermuda. Nicholson ci ringrazia e ci presenta la sua famiglia, poi ci racconta un po' del villaggio, e della loro vita: sono felici della loro libertà e di ciò che hanno, le loro entrate provengono esclusivamente dalla vendita della copra (la polpa del cocco), a volte gli approvvigionamenti (zucchero, riso, the, sapone .) sono un problema perché la nave arriva ogni 2-3 mesi.
Ci dice che nelle prossime settimane ospiterà un gruppo di medici australiani; un po' imbarazzato, confessa che gli sarebbero molto utili due rotoli di carta igienica ed un lenzuolo, "magari ci potete aiutare...". Gli assicuriamo che possiamo provvedere, e felice ci fa da guida per il villaggio, presentandoci molte persone, tra cui il giovane prete della chiesa anglicana.
Siamo anche invitati al concerto della banda di percussioni su bambù, nella serata, abbiamo ringraziato ma declinato l'invito perchè non amiamo girare con il dinghy tra i reef di notte.
Quando stavamo per tornare in barca a prendere le cose richieste, la figlia di Nicholson ci domanda se abbiamo delle batterie per la sua torcia; in realtà le batterie, da tempo scariche, avevano lasciato l'acido ed era tutto da buttare, abbiamo provveduto con una nuova torcia e batterie di ricambio, per lei e per un cugino che aveva dimostrato lo stesso bisogno. In cambio abbiamo ricevuto un po' di pompelmi e limoni . è ovvio che non si tratta di valutare se lo scambio è stato adeguato, l'importante è essere stati utili, e aver visto nei loro visi sorridenti la gratitudine.