Notti di navigazione

Viaggiando verso Ovest
Giuseppe Tuttobene
Sun 10 Oct 2010 19:52

20:02.18S 165:29.34W

Il turno notturno al timone è qualcosa che allo stesso tempo affascina, emoziona ed incute timore per il senso di solitudine e di impotenza che trasmette un oceano a volte manifesto del suo lato meno tenero, docile e cullante. Ci sono notti in cui ti sdrai dietro al timone, l’autopilota lavora senza sosta da gran stakanovista, le onde collinose dell’oceano scivolano sotto lo scafo accarezzandolo, il vento gonfia dolcemente le vele. Tutto intorno a te è buio, allora rivolgi gli occhi al cielo, ti perdi con lo sguardo tra le infinite stelle; la via lattea sembra una pennellata di acquerello bianco sul quel quadro senza cornice che è l’universo, quasi smetti di pensare e ti limiti soltanto a vivere, di quel che vedi, ma anche di quel che non vedi,  che senti, e ogni pensiero è superfluo, inutile, quasi fastidioso. Poi chiudi gli occhi, cancelli per un attimo la notte stellata dalla lavagna dei tuoi occhi, e ascolti il rumore  del vento leggero, lo senti accarezzarti il viso, lo respiri, ti seduce coi suoi profumi di terre lontane, di pioggia magari in arrivo, e ti inebria le nari con il calore del nuovo giorno, prima ancora che inizi il primo chiarore di rifrazione. Poi riapri gli occhi e tutto intorno a te è ancora buio,  ricontrolli gli strumenti, che ti abbagliano con la loro luce artificiale; ti alzi in piedi, cerchi di scorgere nell’oscurità dell’orizzonte una luce di navigazione di qualche barca, ma nulla; così è la navigazione in oceano, puoi stare in mare per mesi senza incontrare anima viva, a parte qualche pesce che abbocca al tuo amo o qualche balena o delfino che viene a farti visita. Ti rimetti al sicuro seduto in pozzetto, accendi la lucina dell’orologio e scopri che il tuo turno di 4 ore è volato.  E questa è la notte che ti conquista il cuore. Le cose cambiano di molto quando la notte, e magari non solo una,  si passa  in un oceano con vento forte che arriva a burrasca. Il solo svegliarsi per il cambio turno, il cercare di vestirsi senza prendere qualche botta e poi l’uscire dal tambuccio sentendo l’”inferno” intorno a te, fa venir voglia di startene in cuccetta aspettando tempi migliori. Una volta uscito fuori, ed esserti legato, raggiungi  il pozzetto il più velocemente possibile, e li ti senti al sicuro. A volte la burrasca creata da qualche bassa pressione, porta con se anche la pioggia e allora cerchi di ripararti in qualche modo, ma sai già che saranno giorni con poche ore all’asciutto; altre volte invece puoi trovare lo stesso cielo stellato delle notti più tranquille, ma di certo la situazione non è altrettanto rilassante. Il dolce cullare delle onde lascia il posto a rollii  e beccheggi da montagne russe, a seconda delle onde, ma a quello riesci a farci l’abitudine dopo qualche giorno. La cosa che più impressiona sono i rumori al buio, impari a riconoscerli ma  difficilmente ti abitui. Diversi sono i rumori, chi li crea e le sensazioni che danno. Ci sono le drizze e le scotte che fanno criccare i bozzelli, la borosa che stridendo cerca di guadagnare la sua posizione migliore sul boma, il rumore della pompa del pilota automatico che lavora al massimo e sibilando carica o scarica il pistone idraulico agganciato al timone, e molti altri sono i rumori meno inquietanti. Ben più carico di suspance è sentire arrivare il frangente di un’onda, il fragore che ne deriva qualche secondo prima di passarti accanto o investire la murata della barca, schiaffeggiandola appena o colpendola con la durezza di un pugno, la massa d’acqua si alza oltre la murata e spazza la coperta. Lo scafo, come un pugile sul ring che espira ed indietreggia assorbendo il colpo, dissipa tutta l’energia del frangente assecondandolo, cercando di intraversarsi e scaricando la forza del colpo ricevuto per tutta la sua lunghezza, facendo vibrare le sartie di sopravvento come fossero un diapason. Metteteci come rumore di sottofondo costante l’ululare, il fischiare del vento tra le sartie e il buio pesto e sembra di vivere un film di Dario Argento…ma posso assicurarvi che non è così! Ogni notte passata in navigazione in mezzo all’oceano ha un suo fascino che la rende unica, anche quella passata sotto la pioggia e al vento forte, proprio come ci affascina guardare un film horror, ma qui siamo molto più tranquilli, perché non c’è né carnefice né vittime…siamo solo in 2 e sarebbe il film horror più breve della storia.

Cesare